Avete presente save the children? Esatto, save the children. I bimbi poveri. Chi è il mostro che non vorrebbe aiutare il piccolo ABDUL? Eccomi! Vi spiego perché.

Save the children è quella ONG che paga per lunghi spot pubblicitari che trasmette in orario dei pasti. Io sono lì , in procinto di addentare la mia carbonara fumante con la TV accesa e all’improvviso, a tradimento, parte lo spot . Musiche tristi, di solito col pianoforte, fotografia cupa, villaggio di capanne, immancabile voce calda e dal tono disperato e infine il pezzo forte: il primo piano del piccolo ABDUL. Io me li vedo i responsabili marketing di save the Children a colloquio per il cast del piccolo ABDUL.

– Che ne pensi di questo frank?

– Non va bene, Jack. Non piange abbastanza e poi non vedi? Ha ancora uno strato di carne a coprirgli le costole. Avanti il prossimo.

Finalmente trovano un candidato papabile: è scheletrico, a metà tra un crudista e un deportato e piange più di un’adolescente a xfactor. Allora affondano il colpo raccontando la triste storia di Abdul e della madre che ogni giorno deve fare 10 km a piedi per prendere l’acqua, non ci sono scuole, c’è la guerra, malattie, assenza di farmaci, e la minaccia di un imminente arrivo di Veltroni.

Non ci siamo Frank! La pietà e il senso di colpa non funzionano con me! Vuoi sapere uno spot che mi convincerebbe immediatamente a finanziarvi? Eccolo.

Mostratemi come il piccolo Abdul con i soldi degli ipocriti ha studiato ingegneria gestionale, veste in stile Gheddafi, ha scalato le gerarchie di Save the children, ha costruito un depuratore e acquedotti ma costringe ugualmente i responsabili marketing  di save the children a camminare per 10 km con dei vasi in testa per portare alla gente del villaggio l’acqua per fare il ghiaccio per i mojito.